A 29 anni Florent Troillet, il campione del mondo di scialpinismo in carica e 2 volte vincitore della Patrouille des Glaciers e della Pierra Menta ha annunciato il suo ritiro dalle competizioni per tornare sui banchi di scuola e formarsi nel “sociale”. L’intervista di Ellade Ossola.
Quando nasci e vivi la tua infanzia a Lourtier in fondo alla Val de Bagnes e per sei mesi all’anno hai la neve fuori dalla porta di casa; quando i tuoi genitori sono molto sportivi, imparare a deambulare con le pelli di foca sotto gli sci sembra essere la cosa più naturale al mondo. Anche la biografia di Florent Troillet si è accordata a questa legge non scritta. Il suo sogno nel cassetto era vincere un giorno la Patrouille des Glaciers, un desiderio maturato sin dalla più tenera età, e infine coronato nel più splendido dei modi. Per imporsi alla Patrouille, una delle maggiori classiche tra le competizioni internazionali di sci-alpinismo, ci vogliono allenamento e costanza. Metodo e doti che non fanno difetto a Florent: si allena come un professionista da otto e a maggio. 900 ore di allenamento, 250 mila metri di dislivello. Una vita di sacrifici per realizzare il sogno.
«Non ho scelto lo sci-alpinismo per la gloria o per i soldi – ama ripetere Florent – la competizione nella quale ho guadagnato di più mi ha fruttato 3.000 euro». «Amo piuttosto soffrire, amo la competizione. Fare sforzi estremi mi motiva: resisti alla sofferenza per assaporare i momenti di felicità estrema quando tagli la linea d’arrivo», aveva dichiarato prima dell’ultima Patrouille. Il 2010 è stato per Florent l’anno della consacrazione, con il titolo di campione del mondo individuale e il nuovo successo, con record, alla Patrouille. Il momento propizio, insomma, per cominciare a monetizzare i sacrifici di 15 anni di passione per lo sci-alpinismo e invece – a sorpresa – pochi giorni fa ha annunciato, a soli 29 anni, il ritiro dalle competizioni per tornare sui banchi di scuola.
«È stata una decisione importante e ponderata a lungo. Dopo una stagione di successi come quella che ho vissuto quest’anno, è stato difficile trovare il coraggio di dire basta. Per me sarebbe stato più semplice continuare senza pormi troppe domande. Nello sport ho raggiunto tutti gli obiettivi che mi ero prefisso, e al termine della stagione invernale ho in un certo senso chiuso il cerchio. Dunque ho iniziato a chiedermi se era sensato proseguire sulla strada dello sport d’élite oppure se era meglio smettere. Ho valutato che la prima decisione era la migliore, la scelta più giusta che potessi fare».
Possiamo dire che è stata una scelta dettata anche dall’esaurimento di motivazione?
«Assolutamente no. La pratica sportiva sarà un punto centrale della mia vita anche in futuro. Dopo aver raggiunto gli obiettivi che mi ero dato, l’unica cosa che potevo fare era cercare di ripeterli, cercare di confermare i risultati, ma questo non mi interessava. Ho preferito smettere e pensare ad altri traguardi da raggiungere e questi nuovi traguardi riguardano la mia vita professionale. Tornerò sui banchi di scuola perché voglio fare una formazione nel mondo del sociale e se avessi proseguito con la carriera di sportivo d’élite non avrei potuto conciliare le due cose».
Edurne Pasaban, l’alpinista basca che ha appena concluso la salita dei quattordici Ottomila, ha rivelato che a un certo punto della sua carriera è finita in depressione. Aveva l’impressione, ha spiegato, di avere investito troppo di sé nell’alpinismo, trascurando completamente la propria vita privata e il suo essere donna. E’ stata un’analoga voglia di costruire qualcosa nel privato ad avere influenzato la tua decisione?
«Nel mio caso lo sport è sempre stato sinonimo di passione. La pratica sportiva ha condizionato la mia vita negli ultimi 15 anni. Ho investito tutto nello sport, ho vissuto per lo sport. Ora la mia visione è mutata. Lo sport non ha più un valore assoluto. Questo significa che, nella mia vita, accanto allo sport ci sono altre cose che hanno valore. I giorni trascorrono veloci e mi sono detto che non volevo ritrovarmi un giorno ad avere rimorsi per non avere fatto alcune cose. Penso sia arrivato il momento di passare ad altro».
Lo sport di competizione, in qualsiasi ambito, assicura a chi lo pratica un livello di adrenalina fuori dal comune. Dove troverai ora stimoli equivalenti?
«Sono conscio del fatto che gli stimoli che mi darà il lavoro non saranno paragonabili a quelli vissuti nello sport. Come ho detto in precedenza, durante la mia carriera sportiva mi sono prefisso dei traguardi precisi: diventare campione del mondo di scialpinismo, vincere la Patrouille des Glaciers oppure la Pierra Menta. Questi obiettivi mi permettevano di progredire. Ora dovrò nuovamente fissare degli obiettivi ma saranno nel mondo del lavoro e sarà difficile perché tornerò sui banchi di scuola per una formazione che durerà quattro anni e lo farò con entusiasmo e impegno. Accanto alla scuola praticherò ancora lo sport per continuare a stare bene con me stesso. Il mio corpo ha bisogno di essere sollecitato. Sicuramente parteciperò anche a qualche gara ma non lo farò più con l’obiettivo di vincere e stabilire dei record».
Partecipare a gare senza l’assillo delle vittoria e del record, dici, ma allora come muterà il tuo rapporto con la Patrouille?
«Sicuramente avrò più tempo per assaporare i magnifici paesaggi che si attraversano da Zermatt a Verbier. Se non avrò problemi di salute, continuerò a partecipare alla Patrouille des Glaciers. Tra tre anni sarò al via, non per vincere, ma per assaporare e vivere questa corsa in un altro modo».
In quindici anni di sport ad altissimo livello hai mai avuto l’impressione di aver rinunciato a qualcosa di fondamentale?
«Lo sport di competizione richiede una grande dedizione e quindi sono molte le cose alle quali ho dovuto rinunciare per ottenere i risultati che ho raggiunto. Come ho detto prima, tuttavia, la passione per ciò che facevo era talmente tanta che non mi sono mai pesati gli inevitabili sacrifici. Se vuoi ottenere risultati a livello mondiale devi innanzitutto avere un’igiene di vita estrema, rigore e molta disciplina. Quando decido di fare qualcosa mi piace impegnarmi, senza disperdere le energie in altri progetti. Ora il mio sguardo sulla vita cambia ma sono felice di assaporare questa mia esistenza con un po’ meno di sport».
Come spieghi la scelta di intraprendere una formazione nell’ambito del sociale?
«Nel corso della mia carriera di atleta mi è capitato spesso di trascorrere giornate insieme a giovani con problemi diversi, ed è sempre stato un ambiente nel quale mi trovavo a mio agio. Ho così iniziato a informarmi sulle varie opportunità professionali che offriva l’ambito del sociale. Nello sport ho imparato a lavorare, a tenere duro per raggiungere i miei obiettivi; ora mi piacerebbe trasmettere questa mia voglia di vivere e di lottare per qualcosa di importante a chi è stato meno fortunato di me. Quando incontro giovani che dicono di non trovare un senso per la loro vita mi sento male. Nel mio piccolo vorrei aiutarli a guardare avanti e a ritrovare gli stimoli giusti. Vorrei potere trasmettere dei valori che io ho avuto la fortuna di ricevere dalla mia famiglia».
Ellade Ossola
Pubblicato su "la Regione Ticino" il 7/10/2010
La vittorie più importanti di Florent Troillet
1998: Campione europeo juniores sci-alpinismo
2007: Vincitore Mezzalama (con Guido Giacomelli, Jean Pellissier)
2008: Vincitore Patrouille des Glaciers e Pierra Menta
2010: Vincitore Patrouille des Glaciers e Pierra Menta, Campione del mondo individuale.