Il 16 febbraio Massimo Laurencig e Gianni Dorigo hanno effettuato la prima ripetizione integrale di “Per Leila” (120m, III/6+), l’elegante quanto audace cascata di ghiaccio aperta da Luca Vuerich lo scorso gennaio su Cima Cenge (Val Riofreddo, Alpi Giulie).
Alpi Giulie, terra di frontiera, di grandi pareti e profondi silenzi. Montagne per lo più sconosciute al grande pubblico dell’alpinismo, montagne selvagge ed ancora oggi da scoprire. Dove si trovano alcune linee di ghiaccio che nulla hanno da invidiare a quelle delle grandi montagne delle Alpi.
“Lo scorso inverno eravamo saliti a Cima delle Cenge con altri obiettivi: dopo aver ripetuto “Tridente”, ci eravamo fermati ad ammirare la linea di “Contrasto”, che si trova un centinaio di metri più in basso, ci era piaciuta parecchio”, ci racconta Massimo Laurencig, “Ci eravamo ripromessi di tornare al più presto per salirla, un brusco rialzo termico però ci fece desistere e così fummo costretti a riporre il sogno nel cassetto nell’attesa di tempi più favorevoli”.
Il momento giusto è arrivato il 16 febbraio con un cambio repentino di programma che ha visto per protagonista “una perla di ghiaccio incastonata tra queste pareti”: Per Leila, la cascata aperta poche settimana fa da Luca Vuerich insieme a Marco Milanese sulla Cima delle Cenge in Val Riofreddo.
Una perla di ghiaccio di Massimo Laurencig
Quest’anno le condizioni erano buone, le pareti scariche e le giornate fredde al punto giusto. Siamo partiti di buon ora, considerato il lungo avvicinamento con gli sci, per sfruttare al meglio la giornata. Una volta sotto la parete però abbiamo dovuto constatare che le prime due lunghezze di “Contrasto” erano ricoperte da uno strato di neve incrostata, non ci siamo persi d’animo e così ci siamo diretti sotto la prima lunghezza di “Per Leila”. Avevo avuto notizie delle sue caratteristiche e difficoltà direttamente da Luca, sentito qualche giorno prima, e quel primo tiro visto da sotto sembrava proprio come me lo aveva descritto.
Una lingua di ghiaccio sottile nella prima metà del tiro ed un tetto molto tecnico da superare nella seconda. Dopo cinquanta metri una Abalakov ed una vite da ghiaccio mi dicono che in sosta troverò il giusto tempo per rifiatare. Il secondo tiro impegna non poco Gianni. Un mix di crosta e ghiaccio che rende problematica sia la salita che le protezioni e, come se non bastasse, ci si mette anche il vento con delle fastidiose scariche di neve. La terza lunghezza è una bella candela che siamo costretti a salire dal lato sinistro visto che a destra scende una incessante pioggerellina e di bagnarsi… non se ne parla!
Una doppia su Abalakov ci riporta alla base della cascata. Affondando nella neve fino alle ginocchia ripassiamo davanti al primo tiro che ripercorriamo con altri occhi. Non parliamo fino agli zaini. Il primo sorso di thè ci scioglie… la lingua. Le prime parole sono per Luca che con la sua bravura ci ha saputo regalare questa magnifica ed impegnativa cascata di ghiaccio, che secondo noi supera la gradazione data; le seconde sono per l’ambiente magnifico in cui si svolge la salita; le terze… “beh sbrighiamoci che altrimenti facciamo tardi anche questa volta”…
Massimo Laurencig
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