Uncategorized

La Cueva di Collepardo – arrampicata nel cuore dei Monti Ernici

Domenico Intorre e Nando Zanchetta presentano la nuova falesia La Cueva di Collepardo, Lazio, con oltre 30 splendide vie dal 6b+ al 8c, e con la possibilità di arrampicare anche in giornate di forte pioggia.

LA CUEVA DI COLLEPARDO di Domenico Intorre

Collepardo è un comune di novecento anime situato nel cuore di un territorio di grande pregio naturalistico: i Monti Ernici. Il borgo è lambito dalla stretta valle che il torrente Cosa ha scavato lungo il suo percorso verso il fiume Sacco, di cui è affluente. La valle, che prende il nome di Vallefiume, nel suo versante destro orografico è particolarmente ricca di un calcare caratterizzato da imponenti fenomeni carsici, ed è qui che recentemente sono nati numerosi itinerari di arrampicata il cui comune denominatore è la roccia: generosa e strapiombante. Talvolta molto strapiombante!

Di fronte alle enormi concrezioni della Grande Grotta a Kalymnos il primo pensiero di ogni detentore di un tassellatore a batteria va inevitabilmente a colui che per primo si è ritrovato di fronte alla parete vergine con decine di potenziali linee mai salite prima: un privilegio ormai per pochi, soprattutto se non vivi in Spagna o a Leonidion! Probabilmente, in giro per il mondo, sono ancora molti i territori inesplorati da questo punto di vista, ma è ancora possibile avere il piacere della scoperta di qualcosa di “interessante” ad un’ora di macchina dalla capitale d’Italia?

La risposta è sì e, fatte ovviamente le dovute proporzioni, un gruppo di volenterosi chiodatori romani ha avuto la fortuna di provare questa emozione: una grotta inviolata alta circa trenta metri, ricca di concrezioni, un luogo remoto dove il solo rumore udibile è quello del torrente che scorre a fondovalle.

Il merito della scoperta di questa grotta va all’instancabile Massimo Gambineri, che già una quindicina di anni orsono ne aveva intuito il grande potenziale. Poi per un motivo o per un altro la grotta era rimasta un sogno nel cassetto di Massimo e degli altri attrezzatori laziali che, a turno, vi si erano recati in pellegrinaggio senza mai passare all’azione.

Il fuoco covava quindi da tempo sotto la cenere e nel 2015 è arrivato a soffiarci energicamente sopra il gruppo degli istruttori della palestra Vertical Park di Roma: si è così passati dalle parole ai fatti. Ne è nato un bel progetto portato avanti a più mani, un bel gioco di squadra senza nessun centravanti ma con molti mediani che si sono sobbarcati l’ingrato e faticoso compito di attrezzare dal basso tutte le vie del settore. Evito la descrizione di tetti, strapiombi, stalattiti etc. lasciando che siano gli scatti di Cristiano Pinna a parlare, certamente più eloquenti delle parole.

La Cueva in realtà non è l’unico gioiello di questa valle, l’area conta già un centinaio di vie distribuite in 4 settori principali e in altre falesie più piccole ed offre ancora un potenziale notevole soprattutto per le difficoltà elevate. Per fare un po’ di storia di questa area, è necessario ricordare che primo fra tutti ad intuire il potenziale della valle (e a mettere mano al trapano) era stato Sebastiano La Bozzetta che negli anni 90 aveva aperto nel settore centrale (La pala) due linee veramente futuristiche. Queste due vie hanno dovuto attendere per più di vent’anni l’arrivo di un principe azzurro che le risvegliasse dal loro torpore, ma ne è valsa la pena visto che l’attesa è stata ricompensata dalla nascita del primo probabile 8c Ciociaro, ad opera del forte scalatore romano Fabrizio Peri. In seguito, intorno al 2003, per mano di Massimo Gambineri, Mati Logoreci e Gianluca Mazzacano sono nati il Settore Classico e la Grotta dei Bambocci e per finire nel 2015 la strapiombantissima “Pala” grazie al lavoro di Fabrizio Peri and company.

In valle ancora molto rimane da fare ma le vie ad oggi attrezzate valgono già qualche ora di macchina, soprattutto per chi predilige lo stile atletico e la scalata “3D” su concrezioni. Se dovessi avere l’ingrato compito di consigliare una linea su tutte sarei in grande difficoltà nel dover scegliere fra la futuristica Tomorrowland, potenziale masterpiece fra gli itinerari di difficoltà elevata, e Bella Lù 30 metri di puro piacere su concrezioni di ogni forma e dimensione, sicuramente fra le vie più belle che io abbia mai aperto, dedicata ad un giovanissimo amico che non è più tra noi.

Click Here: Discount Golf Appare

GIOVANI CHIODATORI CRESCONO di Nando Zanchetta.

“Domenico, Gianluca perché’ non ci insegnate a chiodare?”

Fu questa ingenua domanda, inaspettatamente uscita dalla bocca di Roberto Podio, in arte Limetta, che una sera, davanti a una birra dopo una giornata di scalata, fece riapparire davanti agli occhi di Domenico Intorre e Gianluca Mazzacano, come in un flashback, quasi un’immagine onirica, la grotta, o meglio, quella grotta. Domenico l’aveva vista tanto tempo fa, da lontano, grazie proprio a Gianluca Mazzacano che, con la sua irrefrenabile e convincente loquela, aveva insistito per mostrargliela.

La grotta era subito sembrata ai due una specie di miraggio, quasi appesa a metà del ripido pendio sopra il fiume, uno scrigno da aprire con cura e immaginavano che una volta dischiuso avrebbero potuto scoprire chissà quali segreti. Poi, non si sa per quale motivo, avevano accantonato l’idea, che ora tornava invece davanti ai loro occhi, come un richiamo irrinunciabile, come un imperativo categorico.

Domenico e Gianluca cercarono di persuadere, per verità con poca convinzione, Limetta e i suoi amici, i ragazzi della palestra Vertical Park, pieni di giovanile entusiasmo, che chiodare non è uno scherzo. “Si fatica, ci si sporca e si rischia anche di farsi del male. Voi alla vostra età dovreste passare i vostri fine settimana a scalarle, le vie, non a chiodarle”. Ma non ci fu nulla da fare. Volevano proprio andare a chiodare!

Una grotta strapiombante da attrezzare dal basso non è sicuramente il terreno ideale per prendere confidenza con trapano e manovre di corda. Ma i due, con entusiasmo e un po’ di incoscienza decisero che si poteva provare.

E così Limetta reclutò una decina di baldi e giovini volenterosi ispirati dal motto volontà tanta-esperienza poca, e li portò proprio nella grotta dove Domenico e Gianluca li stavano aspettando. Nell’attesa, i due guardavano le possibili linee: ce ne erano tante e probabilmente di molto belle. Un buco con il trapano possono farlo più o meno tutti, ma immaginare le vie, leggerle nella roccia, individuare le possibili prese, sentirsele già sotto le mani, pianificare dove mettere gli spit e la catena è un’arte per pochi. Ci vuole occhio ed esperienza.

Domenico coordinava le operazioni e spiegava davanti a un attentissimo uditorio che l’ascoltava in religioso silenzio, l’ABC del chiodatore: il trapano, il mandrino, le punte, l’attacco SDS, il fix, il dado, la chiave, dove bucare, come avvitare, come mettere i gancetti. Sembrava di essere all’istituto professionale, ma i ragazzi avevano una voglia matta e questo è ciò che contava di più.

Di li a poco cinque cordate di potenziali lacero-contusi si distribuirono sotto la parete ed iniziarono a chiodare dal basso, come se per loro fosse la cosa più normale al mondo. Gianluca li incitava dal basso e Domenico guardava la scena con orgoglio e terrore, coprendosi di tanto in tanto gli occhi con le mani, come se stesse assistendo a un film horror dal finale incerto, ma tutto sembrava procedere per il meglio. Fin quando uno di loro, con gaia spensieratezza, salito qualche metro di troppo sopra l’ultima precaria protezione, iniziò a fare l’ennesimo buco. Il gesto era di tutto rispetto: tenere una presa nemmeno troppo buona, su quello strapiombo, con la mano sinistra, mentre con la destra teneva quattro chili di trapano, che diritto, perentorio, penetrante e senza incertezze, forava il duro calcare. Un piccolo errore e il film horror avrebbe offerto anche la classica scena di sangue! E così già immaginavano il titolo del solito giornalista di provincia incompetente sulla prima pagina del Corriere di Alatri “Giovane alpinista precipita e perde la vita durante una scalata”, e magari un’inchiesta penale a loro carico. Ma quei secondi di tensione finirono presto e non successe niente. Chiodarono per tutto il giorno e tornarono ancora per finire il lavoro.

Ora, grazie a Domenico, Gianluca e ai ragazzi della Vertical Park, quella caverna non è più un insignificante buco su uno sconosciuto versante di una poco nota valle della Ciociaria, appena marcata sulle carte geografiche, ma è diventata una bellissima falesia di arrampicata. E per questo vive una nuova vita: forse sentirà più rumore, forse subirà controvoglia le nostre macchie di magnesite, ma siamo certi che si divertirà’ di più. E noi con lei.

Per ora, tra tutti, chi si è divertito di più è stato proprio Limetta che, oltre alla soddisfazione di aver imparato a chiodare, può vantare l’orgoglio di essersi aggiudicato la prima libera di tutte le vie della grotta, 8c compreso!

I volenterosi in rigoroso ordine alfabetico: Alessandro Batacchi, Alessandro Checchi, Cristiano Pinna, Daniele Scarcella, Domenico Intorre, Emanuele Calabrò, Gianluca Mazzacano, Lorenzo Trastulli, Nicola Capezzuoli e Roberto Podio.

SCHEDA: la falesia Cueva di Collepardo