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Prima libera di Cani morti per Manolo e Scarian

Il 23 agosto Maurizio “Manolo” Zanolla e Riccardo “Sky” Scarian hanno (entrambi) realizzato la prima salita in libera di “Cani morti”, la via da loro aperta nell’estate 2003 sulla parete nord del Campanile Basso di Lastei, Pale di San Martino.

Il 23 agosto Maurizio "Manolo" Zanolla e Riccardo "Sky" Scarian hanno (entrambi) realizzato la prima salita in libera di "Cani morti", la via da loro aperta nell’estate 2003 sulla parete nord del Campanile Basso di Lastei, Pale di San Martino. L’anno scorso, a metà del progetto, e in attesa della rotpunkt, avevamo raccolto le loro idee programmatiche in una sorta di "work in proggres". Ora, chiuso il cerchio del progetto, è giunto il momento per tirare le somme. Dice Scarian: "…questa via è stata aperta dal basso, con un’etica rigorosa e pulita, senza ricognizioni dall’alto, senza l’ausilio di nut e friends o altro, e senza corde fisse per la rotpunkt". Mentre Manolo precisa: "La scelta … di usare solo spit ed escludere qualsiasi altro mezzo di protezione ci sembrava la più onesta possibile: gli spit ogni tanto ci avrebbero protetto ma anche indelebilmente segnato la nostra debolezza…". Quello che Manolo e Sky hanno cercato di fare è un tentativo per trovare i propri limiti attraverso uno "stile" significativo: una scelta prima di tutto personale, quindi, che va al di là dei numeri pur ragguardevoli della via (8b+ difficoltà massima e 8a obbligatorio) e del numero davvero parco (occhio ai ripetitori!) degli spit usati.

PROTEZIONI E DEBOLEZZE
intervista a Manolo

"Cani morti"… di che si tratta?
Il campanile piccolo dei Lastei è alto circa 2700m. e la sua parete nord non supera i 300m., non è una grande montagna dolomitica ma nemmeno una solare falesia facilmente raggiungibile in pochi minuti. Ecco: "Cani morti" è una bellissima via, su questa montagna dalla forma incredibilmente elegante, in un luogo alpino che evidentemente ha qualcosa di molto particolare. Così, prima di tutto, "Cani morti" è stata la voglia di vivere una storia in una montagna che mi dicesse qualcosa. Un tentativo di comprendere cosa significhi aprire in un modo eticamente corretto una via dal basso, senza preventiva ispezione, cercando di muoversi vicino ai propri limiti usando spit e un trapano per metterli, senza corde fisse e senza naturalmente la certezza di riuscire. "Cani morti" è stato anche un tentativo ironico per dire qualcosa di concreto e di nuovo. Quindi niente di meglio di questa piccola e affascinante parete per incominciare.

Com’è nata l’idea?
Le forme particolari di questi campanili mi hanno sempre attratto ma la compattezza della roccia se da una parte era attrazione dall’altra evidentemente respingeva chiodi e velleità. Non ho praticamente mai cercato di salire forzatamente una parete in artificiale e tutti i miei sforzi sono sempre stati nel pensiero e nell’azione di farlo in arrampicata libera ed è quindi comprensibile la rinuncia di fronte a tanta impossibilità di proteggersi su difficoltà così evidentemente elevate. Gli spit potevano essere un compromesso… ma quella linea sottile che solcava l’irreale sembrava più un sogno che una possibilità. Per quanto fosse affascinante quella linea, l’idea di provare a salirla “a vista” dal basso con protezioni normali mi è sembrata subito esagerata per le mie possibilità. Anzi per la verità per quanto riuscivo a vedere dal ghiaione sembrava esagerato anche pensare di passare. Beh, non ci rimaneva che provare. E la scelta è stata quella di farlo nel modo più pulito possibile.

"Stile" al di là del "mezzo tecnico"?
Credo che esista una grande differenza fra l’aprire una nuova via con un’infinità di chiodi normali e altri metodi di progressione (come friends dadi cliff ecc.) o cercare di lottare in arrampicata libera e guadagnare l’incognita solo sulla punta delle dita, anche se protetti da uno spit. Come credo che sia altrettanto ipocrita salire sui cliff e ogni tanto mettere uno spit. La scelta quindi di usare solo spit ed escludere qualsiasi altro mezzo di protezione ci sembrava la più onesta possibile: gli spit ogni tanto ci avrebbero protetto ma anche indelebilmente segnato la nostra debolezza… Tutto il resto sarebbe stato esclusivamente ed assolutamente libera.

Spit uguale sicurezza, quante varianti ha quest’affermazione?
Non credo che spit significhi assolutamente sicurezza. La sicurezza viene prima di tutto dalla preparazione e dall’esperienza nonché dalla capacità di rinunciare e di percepire degli inevitabili limiti che altrettanto inevitabilmente si muovono. Le montagne ci offrono ancora la grande possibilità di vivere qualcosa di straordinario, trasformarle in un luogo sicuro e banale non significherebbe solamente perderle ma cancellare una parte importante e profonda della nostra cultura.

Come avete applicato tutto ciò su "Cani morti"?
Certamente questa via (nonostante l’elevato obbligatorio dichiarato) – 8a ndr – non ha nessuna pretesa di essere la via più difficile e pericolosa delle Dolomiti, anzi dal momento che è protetta a spit credo che non lo possa evidentemente essere. Ma, obbiettivamente, non sarei sincero se la paragonassi a una qualsiasi via di falesia portata in quota. Col senno di poi quando cala la “pompa” e si è onestamente appesi solo alle mani si può decollare per svariati metri, e in un paio di punti di "cani morti" è decisamente molto pericoloso farlo. Ho trovato molto impegnativo superare certe difficoltà anche dal punto di vista mentale soprattutto in apertura. Credo, come ho già detto, che si possa fare mollto meglio: questa è stata “la nostra prima esperienza” abbiamo dovuto imparare in fretta anche se la conformazione rocciosa e la disposizione delle difficoltà ci ha favorito.

Cosa ti ha richiesto questa via?
A via finita tutto era pronto, bastavano due corde da 60 metri e 6 rinvii ma stranamente tutta quella “leggerezza” non mi dava così tanta tranquillità. Questa via mi ha impegnato anche perché è rimasta nei miei sogni (o nei miei incubi) tutto l’inverno e il personale impegno di liberarla, dopo le infinite disavventure fisiche, diventava sempre più pesante, soprattutto quando pensavo a quel dannato, lontano, ultimo appiglio del primo tiro. Escludendo pure motivi anagrafici, non riesco purtroppo, a muovermi con disincantata disinvoltura su certe difficoltà, nemmeno con gli spit “ascellari”, soprattutto quando richiedono molta “fisicità”. E lassù, per quanto mi riguarda, era necessaria tutta quella che avevo, sempre che la meteo, tutt’altro che simile a quella dello scorso anno, lo permettesse. Ma l’ambizione e la tensione era doppia: liberarla entrambi! E questo non è stato certamente facile…

Un progetto per due climber cosa significa?
Forse significa condividere e partecipare in un modo incredibilmente forte fino a sovrapporre le proprie sfere emozionali. Credo siano esperienze profonde, fortemente legate dall’intensità e a volte alla pericolosità dell’azione liberamente intrapresa e che solo in montagna ho avuto l’occasione di provare.

Il tui progetti dopo "Cani morti"?
Quando, in apertura, gli ultimi due tiri si sono rivelati molto più facili del previsto ho provato una certa delusione ma quando ho incominciato a liberare la via, onestamente mi sono detto che per questa volta poteva anche bastare. Cosa ci sarà per me in futuro non lo so… ma la carta d’identità mi suggerisce la birra.

intervista di Vinicio Stefanello



DUE AMICI UNA SFIDA di Riccardo Scarian

Era la fine di dicembre 2003: pensando all’anno appena trascorso, cercavo di analizzare quello che avevo fatto o non avevo fatto, e se era stato un buon anno per la mia arrampicata. Nel senso: sono soddisfatto oppure no e dove e perché non ho raggiunto il risultato che volevo? Fatta quest’analisi, la mia mente navigava già nell’immediato futuro; pensavo a quello che avrei voluto fare, agli obbiettivi che vorrei raggiungere, pensavo alla mia arrampicata che spazia in un cilindro molto grande. Mi piacciono troppi aspetti di questa magnifica danza verticale, e quindi spesso, sono costretto a fare delle scelte. Il primo obbiettivo prefissatomi fu ”Il gladiatore”, progetto rimasto in sospeso dall’anno precedente; fortunatamente in due settimane, nel freddo gennaio 2004, ne venni a capo, e potei concentrarmi su altro: quest’anno mi sarei concentrato un po’ di più su una delle mie grandi passioni, il bouldering; volevo infatti puntare a cogliere un bel risultato nella prova di coppa del mondo che si sarebbe tenuta a casa mia, Fiera di Primiero. Con questo spirito, decisi quindi di andare a Fontainebleau, la mecca del boulder, un mondo meraviglioso, un luna park per boulderisti. Tornai a casa caricatissimo e nella prima gara di coppa italia colsi un incoraggiante secondo posto, che mi fece ben sperare. Le energie erano ora tutte indirizzate alla prova di World Cup di Fiera di Primiero. Tutto filava a meraviglia, la forma era ottima, la determinazione al massimo. Ma arrivata la vigilia… voilà, sorpresa: febbrone a trentanove e tonsille in fiamme. Non ci posso credere… mesi di preparazione che svaniscono in un lampo, magari per un banale colpo d’aria. Doppia cura di antibiotici e stagione agonistica bruciata! Passai un mese ad imprecare e a cercare una spiegazione razionale, ma non c’era nulla da trovare, perché questa è la vita, e non ti puoi attaccare troppo a nessun programma. Ma la mente non si abbatte e mi rimisi subito al lavoro per recuperare le forze, già alla ricerca della prossima tacca da stringere.

Nei miei pensieri c’era una parete dolomitica, su cui corre una certa via, rimasta a metà dell’opera: ”Cani Morti”, via aperta con Manolo nel 2003 e non ancora percorsa RP. Certo non è facile in poco tempo passare da un blocco ad una parete dolomitica; il gesto sembra forse simile, ma lo sforzo fisico e soprattutto mentale è totalmente diverso. Per mia fortuna, sotto questo aspetto sono un tipo abbastanza elastico, che si adatta in fretta alle situazioni.
Sono sotto la via, osservo la sua elegante linea, e mi tornano in mente alcuni momenti durante l’apertura. Uno fra tutti l’estenuante lotta condotta con un breve pezzo di roccia, durata quasi una giornata, per risolvere quel che risulterà essere “8a obbligatorio”. Apparentemente solo un numero su di un pezzo di carta, ma che nasconde momenti intensi ed emozioni profonde, fatte di tentativi, voli, appigli sfiorati e appigli tenuti, sequenze da scoprire e sequenze decifrate, che due amici hanno deciso di sfidare. Una bella storia che non ha niente d’eroico o mitologico,ma che per me ha significato molto, scoprire qual è il tuo limite, e fin dove lo puoi ancora spingere… e chiedersi: si può andare oltre? Si! sicuramente! Impossibile is nothing! Come dice una pubblicità.
Tengo a precisare che questa via è stata aperta dal basso, con un’etica rigorosa e pulita, senza ricognizioni dall’alto, senza l’ausilio di nut e friends o altro, e senza corde fisse per la rotpunkt. Nell’aprire e compiere la rotpunkt, una cosa che mi ha colpito è l’energia mentale e fisica che occorre a scalare con quest’etica, cioè quando la protezione non è proprio alle ginocchia, insomma voglio dire che fa più “alpinismo” uno spit 5 metri sotto i piedi, che una riga di chiodi ogni mezzo metro, magari ribattuti e rinforzati calandosi dall’alto.
Il 23 agosto 2004 Manolo ed io abbiamo realizzato la prima rotpunkt, entrambi da capocordata.

di Riccardo Scarian

SCHEDA della via di Riccardo Scarian
Campanili dei Lastei, Pale di San Martino (Dolomiti)
Via "Cani morti"
Prima salita: Riccardo Scarian e Maurizio "Manolo" Zanolla nell’estate 2003 salendo dal basso con uso di pochi spit.
Prima libera: Riccardo Scarian e Maurizio "Manolo" Zanolla il 23 agosto 2004.
Difficoltà:max 8b+, obbligatorio 8a
1° tiro:si sviluppa per 23 mt. e ne strapiomba 7, (4 spits); la difficoltà è sull’8b/8b+, su questa lunghezza c’è l’8a obbligatorio.
2° tiro: si aggira sull’8a/8a+, anch’esso conta 4 spits dislocati su 33 metri, strapiomba 4-5 mt. bellissimo tiro di continuità su roccia super.
3° tiro:ha difficoltà 8a, abbonda di sei protezioni su 35 mt., anch’esso strapiomba ed è bellissimo.
4° tiro:è un 7b di 55 mt. (3 spits)
5° tiroe ultimo: diff. 6c+, 50 mt. (2 spits).
Discesa:Si scende comodamente in doppia lungo la via, soste attrezzate. Attenzione! durante la discesa, sui primi tre tiri è necessario passare i rinvii: rischio di non rientrare!
Materiale:due corde da 60 e 6 rinvii.
Accesso:Da Falcade prendere per la frazione di Molino, dal campeggio percorrere il sentiero per rif. Mulaz fino alla casera Focobon (possibilità di bivacco). Da lì prendere per passo Lucan, dal passo si attraversa sul versante settentrionale lungo cenge e facili roccette, fino sotto allo spigolo del campanile.

Portfolio
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Nelle foto, dall’alto: Manolo impegnato sul primo tiro di "Cani morti"; Riccardo Scarian sulla 2a lunghezz (ph Daniele Lira); i Campanili dei Lastei e il tracciato della via (ph Riccardo Scarian).

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